CBD: Le 6 Domande più Frequenti

Il CBD è uno dei tanti cannabinoidi presenti nella pianta di cannabis. Negli ultimi anni ha subito una forte esposizione mediatica e suscitato grande interesse nella comunità scientifica per via delle sue molteplici proprietà terapeutiche e numerosi ambiti di applicazione.

Il CBD agisce come rilassante, dunque indicato in tutte quelle condizioni di ansia e stress, insonnia e tensioni/dolori muscolari; ma anche come anti-infiammatorio e analgesico, dunque utilizzato per contrastare il dolore cronico, l’infiammazione e modulare il decorso di determinate patologie auto-immuni (es. psoriasi, dermatite).

Scopriamo oggi quali sono le domande più comuni che spesso ci vengono fatte:

1. Il CBD sballa?

No, il CBD non sballa. A differenza del THC, il CBD non passa la barriera
e quindi non altera la percezione della realtà nelle persone che lo assumono. Il CBD è dotato di grandi capacità officinali, e proprio per questo ha attirato da ormai diversi anni l’interesse diffuso della comunità scientifica.

2. Il CBD crea dipendenza?

Nel Marzo 2018 l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblica un report sullo stato attuale delle ricerche condotte sul cannabidiolo (CBD).
Nel report l’OMS evidenzia come il CBD non provochi effetti collaterali sulla salute mentale e non induca a dipendenza. Le attuali scoperte, anzi, indicano chiaramente la sua potenzialità terapeutica risultando una molecola sicura e ben tollerata negli esseri umani e animali.

3. Ma la cannabis non è illegale?

Quando si parla di CBD e terapie a base di cannabis terapeutica è opportuno fare chiarezza e saperle distinguerle correttamente.

Quando si parla di cannabis terapeutica ci si riferisce ad infiorescienze prescritte dal medico che contengono percentuali variabili di THC (a seconda della varietà).
Gli oli di CBD invece contengono anche loro tutto il fitocomplesso ma la percentuale di THC è al di sotto dei limiti consentiti dalla legge (<0,5%).

Dal 2013 tutti i medici iscritti all’albo possono prescriverla per patologie per cui vi sia evidenza scientifica. Lo stesso vale in ambito veterinario, dal 2013 tutti i pazienti a 4 zampe possono accedere a terapie a base di fitocannabinoidi

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4. Il CBD per animali cos’ha di diverso?

L’olio di CBD e di cannabis che viene utilizzato per le terapie per gli animali, viene preparato con le stesse varietà e alla stessa identica maniera di quelli che vengono utilizzate per le persone. Con gli animali di solito si parte sempre da un dosaggio più basso per monitorarne la risposta, ma i principi attivi sono li stessi.
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5. Più la percentuale è alta più fa bene?

Solitamente è possibile trovare oli di CBD di diverse percentuali che vanno dal 5% al 20%. Esistono in commercio percentuali anche più elevate, ma è giusto prestare attenzione per due motivi. Prima fra tutto il CBD è uno dei cannabinoidi più difficili da mantenere stabili durante la coltivazione; secondariamente è molto improbabile che riescano a crescere varietà con una percentuale di CBD così elevata, specialmente se con THC basso. Per raggiungere quell’alta concentrazione di CBD è più probabile che vengano aggiunti cristalli isolati e che si rischi di perdere i benefici dell’Effetto Entourage.

Un CBD al 15% è solo 3 volte più concentrato di uno al 5%.
L’ideale è di partire sempre da una percentuale bassa per poi aumentare gradatamente e trovare la dose utile minima che cambia da persona a persona, e in base alle diverse necessità.

6. Non ci sono studi sull’effetto della cannabis e del CBD

Ci sorprende leggere ancora messaggi di pazienti che ci scrivono: ‘ho chiesto al mio medico informazioni sull’olio di CBD e mi ha risposto che fumarsi gli spinelli non è una soluzione’.
Esistono oggi una quantità di studi incredibile sulla cannabis, e ogni giorno brillanti studiosi in tutto il mondo pubblicano report dove vengono evidenziate le qualità mediche della cannabis in varie patologie. Ricordiamoci che il sistema endocannabinoide è presente in tutto il nostro corpo e quindi la cannabis può agire in vari organi.

 

Caduta di Capelli Stagionale e Come Limitarla

Conosciamo tutti la sensazione.. passare le mani tra i capelli a fine estate e trovarne diversi tra le dita lascia sempre una sensazione di panico che ci spinge ad allarmarci. È normale perdere tutti questi capelli? E’ una semplice caduta di capelli stagionale o mi devo preoccupare?

I cambi di stagione influiscono molto sul nostro organismo, e la perdita di capelli stagionale è del tutto normale. Sebbene ci siano diverse teorie sul perché in autunno perdiamo così tanti capelli, gli scienziati sembrano concordare sul fatto che solitamente d’estate abbiamo delle belle chiome piene poiché i capelli proteggono il nostro scalpo dai raggi solari. Al contrario, invece, d’autunno il sole si fa più debole e le giornate si accorciano. Il rapporto tra ore di luce e buio va ad incidere sulla nostra produzione ormonale, tramite un meccanismo complesso mediato dalla melatonina, ormone regolatore del ciclo luce-buio.

Inoltre, per chi ha i capelli lunghi la caduta viene accentuata anche dalla fragilità del capello che dopo l’estate è maggiormente indebolito.

Il ciclo di vita del capello

La crescita dei nostri capelli è ciclica per natura, e si caratterizza da una fase di crescita, regressione e riposo:

  1. Fase Anagen: è la fase di crescita del capello e dura dai 2 ai 6 anni. Il capello è prodotto dal bulbo follicolare e la dimensione e lunghezza del capello sono data dal volume e numero di cellule che si trovano nella papilla dermica del capello. In questa fase il capello cresce mediamente 0,3-0,4 mm al giorno.
  2. Fase Catagen: durante questa fase di regressione il follicolo arresta la sua attività proliferativa e il capello smette di allungarsi. Solitamente questa fase dura molto poco, mediamente dalle 2-3 settimane
  3. Fase Telogen: è la fase di riposo in cui il follicolo viene completamente inattivato. La durata di questa fase è di circa 2-3 mesi, in cui il capello si trova ancorato all’interno del follicolo da deboli legamenti, che presto cederanno e faranno cadere il capello sotto la spinta del nuovo capello che si sta formando.

Il ciclo di ogni capello è indipendente da quello degli altri: non cadono tutti nello stesso tempo.

In ogni momento, circa il 90% dei nostri capelli è in fase anagen: il centinaio di capelli che perdiamo ogni giorno passa inosservato.
In alcune circostanze patologiche, la percentuale di capelli in fase telogen può aumentare fino al 30%; in tal caso si vedrà la capigliatura perdere rapidamente la sua densità.

Durante il mese di Luglio, ad esempio, si ha la più alta concentrazione di capelli in fase Telogen (fase di riposo), che cadono solitamente 2/3 mesi dopo, dunque proprio verso fine settembre/inizio ottobre. Se solitamente perdiamo dai 50 ai 100 capelli al giorno, nel periodo autunnale si arrivano a perdere fino al 20-30% dei capelli in più.

Esistono rimedi?

Sebbene non esista un vero e proprio rimedio perché fa parte del ciclo della natura, esistono comunque strategie per limitare il danno e stimolare il bulbo e a produrre capelli sempre più sani e forti.

  • L’alimentazione gioca un ruolo importante per la salute di tutto l’organismo, capelli compresi. I capelli si nutrono grazie ai follicoli e per questa ragione è fondamentale assumere cibi ricchi di vitamine, proteine e fibre per rafforzarli e favorirne la salute.
  • L’assunzione di integratori appositi aiuta il capello a crescere forte e allungare la sua fase Anagen, oltre che mantenere il bulbo attivo e in salute.
  • Cura dello scalpo e del capello: Utilizzare prodotti aggressivi non è consigliato in quanto rischia di irritare tutto lo scalpo, ma neanche lavare poco i capelli aiu
    ta
    . Infatti l’olio che si crea e l’accumulo di prodotti che si utilizzano rischia di andare a bloccare i pori e interferire sull’attività del bulbo.
    Utilizzare uno scrub naturale 1-2 volte al mese per eliminare tutte le cellule morte e pulire residui di prodotti utilizzati. Massaggiando bene lo scrub si va anche a riattivare la circolazione sanguigna, ossigenando così l’area e portando nutrimento al bulbo.
  • Cerca di evitare acconciature che danneggino i capelli (esempio capelli in una coda troppo tirata) o l’utilizzo eccessivo di apparecchi che possano danneggiare la salute del capello (come l’utilizzo eccessivo della piastra), specialmente durante i cambi di stagione che i capelli necessitano di maggiori cure e attenzioni.
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E se la caduta è più grave?

Se la perdita di capelli non si limita solo ai cambi di stagione ma si manifesta tutto l’anno allora probabilmente la scelta più opportuna è rivolgersi a uno specialista di tricologia. La crescita dei capelli è influenzata da:

  • Fattori esterni: come stress meccanici, chimici ed esposizione al sole.
  • Fattori interni: forti emozioni o lunghi periodi di stress, patologie autoimmuni, terapie farmacologiche sistemiche e squilibri ormonali.

Lo specialista, dopo aver compreso la causa del diradamento e caduta agressiva dei capelli utilizzano a terapie ormonali, bio-similari e trattamenti topici.

Tra le più comuni terapia troviamo l’utilizzo di Finasteride, Idrocortisone, Latanoprost, Ciproterone, Minoxidil, 17-alpha-estradiolo, Caffeina, Estrone, Teofillina, Acido transretinoico, Resorcina, Progesterone, Proegnenlone, Melatonina, Mentolo, Prostaquinone e SADBE.

In questo caso non si tratta di integratori naturali che stimolano la crescita del capello, ma di farmaci che intervengono su squilibri, e pertanto devo essere prescritti dal medico e allestiti con ricetta medica.

Per qualsiasi informazione non esitare a scriverci!

 

 

@sancarlofarmacia È tutta colpa del ferro! 🧲 Come mai a volte perdiamo più capelli? Ce ne parla Paolo! #farmacia #capelli #perditacapelli #perte #capellilunghi ♬ Metamorphosis – Danilo Stankovic

Alzheimer: cos’è e possibili terapie con fitocannabinoidi

rappresentazione di uomo affetto da alzheimer

L’Alzheimer è una malattia cerebrale degenerativa di tipo cronico, che si caratterizza da una lenta e progressiva atrofia del tessuto nervoso che causa il declino di tutte le funzioni intellettive e cognitive.

Sebbene siano ancora poco conosciute le cause che conducono a questa malattia, i ricercatori sono concordi nel credere che nasca per via di cause genetiche, associate a stili di vita squilibrati.

La mancanza di esercizio fisico, l’obesità, l’ipertensione, il diabete, la depressione e il fumo sono tutti fattori che aumentano esponenzialmente il rischio di contrarre la patologia.

Studi più recenti però indicano che dal punto di vista neuropatologico il cervello dei pazienti colpiti da Alzheimer presenta placche formate dall’accumulo di una proteina, la Beta-amiloide e dalla formazione di grovigli causati da un’altra proteina, detta Tau.

placche e grovigli tau alzheimer
Rappresentazione placche e neurofibrillari

La presenza delle strutture di Tau e Beta-amiloide è ritenuta responsabile del processo degenerativo. Queste sostanze proteiche si accumulano a causa di processi metabolici difettosi nel cervello, dove si depositano provocando la morte delle cellule nervose.

La proteina Beta-amiloide si deposita fra le cellule nervose come una sorta di collante dove forma delle placche che rendono difficoltose le comunicazioni tra i neuroni. Ne conseguono disturbi a livello di trasporto di ossigeno e di sostanze nutritive al cervello.

 

rappresentazione cervello con alzheimerLa proteina Tau, invece, si deposita all’interno delle cellule nervose, formando dei filamenti detti grovigli neurofibrillari.

Questi fenomeni causano una risposta infiammatoria e un danno neuronale esteso, con conseguente riduzione del volume cerebrale, oltre che la compromissione dell’attività dei neurotrasmettitori.

La malattia di Alzheimer è caratterizzata da morte neuronale associata a un crescente deterioramento della memoria e ad altri disturbi come la difficoltà nello svolgere le attività quotidiane, i disturbi del linguaggio, il disorientamento spaziale e temporale, le alterazioni della personalità.

Terapie preventive

A livello preventivo esistono delle strategie per posticipare o rallentare gli effetti più gravi del decadimento cognitivo.

Attività fisica, alimentazione ricca di micronutrienti essenziali, antiossidanti e uno stile di vita sano sono sicuramente alla base di una buona prevenzione per moltissime patologie.

Secondo diversi studi, inoltre, una dieta ricca di acidi grassi omega-3, aiuta a prevenire i disturbi cognitivi lievi, che spesso anticipano l’Alzheimer.

Omega-3: come mantenere il nostro cervello ‘pulito’

Le nostre cellule sono avvolte da una membrana lipidica esterna, che per anni si pensava fosse come una pellicola trasparente che isolasse l’interno della cellula dal mondo esterno; in realtà si è scoperto che questa membrana è un vero e proprio organo costituito da tantissimi recettori, e serve proprio a far comunicare l’interno della cellula con il resto del mondo esterno. Gli omega-3 costituiscono questa membrana e aiutano proprio a tenerla morbida e lubrificata così che possano svolgere le loro funzioni fisiologiche al meglio.

In un recente studio* cinese, gli scienziati hanno indagato il ruolo degli omega-3 sulla funzione del sistema glinfatico, un sistema che drena i rifiuti dal cervello e che agisce in modo simile al sistema linfatico, ma che è regolato dalle cellule cerebrali della glia.

Per eliminare le scorie del metabolismo cellulare, infatti, il cervello non può usare il sistema linfatico come il resto del corpo perché è isolato dalla barriera ematoencefalica, la struttura interposta tra sangue e tessuto nervoso.

Lo studio ha evidenziato come l’integrazione con olio di pesce ricco di omega-3 è in grado di migliorare la funzione del sistema glinfatico facilitando così la rimozione della proteina Beta-amiloide dallo spazio intercellulare dal cervello e limitando le lesioni che le placche causano.

La maggior parte dei meccanismi con cui gli omega-3 possono agire sui sintomi della malattia di Alzheimer sono ancora da approfondire ma sono sicuramente correlati anche alle loro proprietà antiossidante e antinfiammatoria. Questa sua azione permette alle membrane delle cellule di mantenersi morbide e ben funzionanti.

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Fitocannabinoidi e Alzimer

Il deterioramento cognitivo tipico del morbo non ha ancora oggi una cura risolutiva, tuttavia sono disponibili trattamenti che tentano di rallentarne la progressione.

Il Morbo di Alzheimer, come tutte le patologie a sfondo degenerativo, rappresenta una condizione molto complessa sia per il singolo paziente, sia per i familiari che lo accudiscono.

Nelle prime fasi della malattia terapie ricche di CBD possono essere assunte per ridurre il processo infiammatorio e neurodegenerativo.

Nelle fasi più avanzate della malattia la persona può essere molto difficile da gestire, soprattutto se assume atteggiamenti aggressivi e di agitazione psicomotoria. L’inserimento della cannabis terapeutica in questo contesto si pone l’obiettivo di contenere lo stato di agitazione e migliorare il sonno, stimolare l’appetito e migliorare l’equilibrio. L’esperienza clinica è spesso positiva con i pazienti trattati con una cannabis THC-CBD in rapporto 1:1, perché è in genere ben tollerata dalle persone anziane.

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Per qualsiasi dubbio o informazione mandaci una mail a consulenza@farmaciasancarlo.org

Fonte:
*Huixia Ren, Chuanming Luo, Yanqing Feng, Xiaoli Yao, Zhe Shi, Fengyin Liang, Jing X. Kang, Jian-Bo Wan, Zhong Pei and Huanxing Su.  (2016). “Omega-3 polyunsaturated fatty acids promote amyloid-β clearance from the brain through mediating the function of the glymphatic system”

 

Cambio di stagione e dolori articolari

È vero che durante i cambi di stagione i dolori articolari sono più presenti del solito, o sono soltanto leggende e voci di corridoio?

Nonostante non sia mai stato confermato dalla comunità scientifica, secondo molti studi esiste un legame diretto tra i cambiamenti climatici e i dolori articolari di cui soffrono molte persone.

Nelle giornate fredde e piovose molte persone lamentano di sentire le proprie articolazioni più rigide e doloranti, ma perché?

Dolori e cambi di stagione

L’acutizzarsi dei dolori in concomitanza con le variazioni climatiche colpiscono principalmente le zone del corpo più deboli, come la schiena o il tratto cervicale, le ginocchia, ma anche vecchi interventi chirurgici, ernie e cicatrici.

Secondo lo studio effettuato dal professore Robert Jamison della Harvard Medical School, esiste un legame diretto tra i cambiamenti climatici e i dolori articolari di cui soffrono diverse persone, basato su motivazioni biologiche. Infatti, quando la pressione barometrica cala e arriva il mal di tempo, questo calo influisce sulla pressione sanguigna che eserciterebbe una forza inusuale sulle articolazioni, ed è proprio per questo motivo che pioggia, umidità, e sbalzi di temperatura e pressione determinano un fastidioso aumento dei sintomi.

Si è notato che l’effetto sarebbe più forte nei punti già colpiti da qualche trauma o patologia, mentre tra i tessuti ‘sani’ permane un buon equilibrio tra i liquidi intra e extra cellulari, e questo evita la comparsa di dolore in persone che non presentano traumi o complicazioni articolari.

In ambito ortopedico sono numerose le patologie che risentono notevolmente di questi cambiamenti climatici, ad esempio:

  • Fibromialgia: si presenta con un dolore muscolare e nelle strutture connettivali fibrose (legamenti e tendini). Il dolore muscolo-scheletrico peggiora sensibilmente con il freddo e il clima umido, mentre il caldo e i periodi di vacanza apportano un miglioramento.
  • Artrite reumatoide: con questo termine si indica un’infiammazione delle articolazioni che provoca dolori, gonfiori, rigidità degli arti e difficoltà di movimento. E’ progressiva, quindi tende a diventare cronica e colpisce le articolazioni mobili del corpo. Studi recenti hanno evidenziato l’esistenza di una correlazione tra variazioni climatiche improvvise e peggioramento dei sintomi dell’artrite reumatoide, ma i colpevoli non sono tanto il freddo e l’umidità, quanto gli sbalzi di pressione atmosferica. Pertanto, vanno evitati i passaggi repentini da un clima secco ad uno umido, l’esposizione diretta al sole e ad altre fonti di calore, che potrebbero aggravare l’infiammazione delle articolazioni e facilitare la comparsa di reazioni cutanee causate dai farmaci (Scopri di più sull’artrite).
  • Osteoartrite: è la forma più comune di artrite, caratterizzata dalla degenerazione della cartilagine articolare. Anche in questo caso sbalzi di pressione sono da evitare in quanto peggiorano la sensazione di dolore associato.
  • Lombalgia: comunemente chiamato mal di schiena. Secondo molti pazienti i cambiamenti delle condizioni atmosferiche sarebbero tra i fattori che scatenano i dolori muscolo-scheletrici alla schiena, che aumenterebbero nei giorni più freddi o in cui la pressione barometrica precipita (es. cielo coperto e temporale).
  • Traumi articolari, cicatrici e/o vecchie fratture: anche i classici acciacchi sembrano risentire dei cambi atmosferici, intensificando le sensazioni di dolore provate in corrispondenza dell’articolazione interessata. Le ginocchia e le spalle sono tra le articolazioni più sollecitate e risultano più rigide e doloranti specialmente nei cambi stagionali.

Come prevenire i dolori causati da cambi stagionali?

Non ci stancheremo mai di dirlo ma alimentazione, attività fisica e uno stile di vita salutare con una giusta integrazione sono alla base di una buona prevenzione per quanto riguarda molte patologie.

  1. Alimentazione: Cibi grassi, altamente processati e pesanti rischiano di aumentare le infiammazioni a carico del nostro organismo, e dunque aggravare le condizioni fisiche della persona. Uno studio americano del 2015 ha dimostrato una correlazione tra una dieta principalmente a base di frutta, verdura, legumi e cereali, e una significativa riduzione del dolore nei pazienti affetti da osteoartrite. In particolare la dieta prevedeva
    → Un elevato consumo di cereali grezzi, legumi, frutta e verdura
    → Una moderazione di alcol e vino
    → Un moderato consumo di pesce e carne bianca
    → Un basso apporto di formaggi, latte, carni rosse, insaccati e latte (Il latte fa male alle articolazioni? Scoprilo qui)
    → Un consumo solo occasionale di dolci e bevande zuccherate.

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  1. Stretching e allenamento di forza: chiaramente in base alle capacità di ciascun individuo, sono utili per ridurre i liquidi extracellulari, e di conseguenza particolarmente indicati quando il dolore si irradia in una parte specifica del corpo.
  2. CBD (Cannabidiolo): Questa molecola è studiata in maniera approfondita da diversi anni ormai proprio per le sue proprietà anti-infiammatorie e mio-rilassanti. È ampliamente utilizzata e prescritta da medici per migliorare la qualità della vita dei propri pazienti.

Che il dolore sia di lieve entità o molto fastidioso sicuramente integrare e stimolare il sistema endocannabinoide durante i cambi di stagione aiuterà il fisico ad affrontare al meglio ogni cambiamento (Scopri di più sul CBD)

  1. Omega-3: Proprio perché gli omega-3 combattono l’infiammazione può essere molto utile integrare duranti i cambi di stagione questi aminoacidi essenziali che lubrificano le nostre cellule e garantiscono il buon funzionamento del nostro corpo. Inoltre diversi studi hanno evidenziato come gli omega-3 riducano la rigidità articolare e ne limitino il dolore e gonfiore. Un recente studio iraniano condotto su 60 pazienti affetti da artrite reumatoide ha dimostrato che integrando la dieta quotidiana di omega3 contenuti nel pesce aiuta e riduce la necessità di ricorrere a farmaci antinfiammatori (Scopri di più sugli omega-3)

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